A Jenne la grotta di Morra Cavorso

Jenne – All’interno del territorio del Parco dei Monti Simbruini ci sono circa 50 grotte ma due delle più importanti sono proprio nel Comune di Jenne; la Grotta di Morra Cavorso e la Grotta dell’Inferniglio.
La Grotta di Morra Cavorso, in particolare  si trova a pochi chilometri da Jenne a 715 m di quota sul versante destro che affaccia sul corso del fiume Aniene; conosciuta già come grotta per il ricovero del bestiame è stata esplorata nel 2004 dal gruppo speleologico di Subiaco e dal 2006 è stata interessata ad una impegnativa campagna di scavi. Costituita da due ambienti collegati da uno stretto passaggio al suo interno sono stati trovati numerosissimi reperti, sia ossa che scheletri di persone e animali (cervi, cani, pecore) inoltre manufatti risalenti a diversi periodi. E’ assai probabile che la grotta fosse frequentata già 14.000 anni fa e usata sia come luogo di sepoltura che come ricovero.
La sala inferiore

In un piccolo anfratto di poco più di 2 m2 sono state rinvenute le ossa sparse di almeno 21 soggetti umani distribuite in forma di accatastamento di circa 30 cm di spessore inglobate in un sedimento alternato di croste stalagmitiche, veli calcarei e livelletti di clasti calcarei alterati non concrezionati.

Oltre alle ossa umane il materiale archeologico recuperato si compone di ceramica in impasto, tra cui si segnala una tazza con prese forate sull’orlo, 10 elementi cilindrici di collana in conchiglia, varie lamelle di selce lavorate tra cui due strumenti (trapezi). Al di sotto dei reperti antropici è stato rinvenuto un livello di frequentazione umana con abbondante fauna (cervo) ricco di frustoli carboniosi, indagato al momento solo in una piccola porzione.

La Sala superiore

La sala, di dimensioni maggiori rispetto alla precedente (15 m2), presentava i reperti completamente inglobati da una crosta stalagmitica di spessore centimetrico. Lo scavo ha rivelato una parziale connessione anatomica di buona parte dei reperti antropici, associati a materiale archeologico: al di sotto del femore destro sono stati rinvenuti, completamente obliterati dalla crosta stalagmitica tibia e perone destri. Al di sopra della porzione del femore destro sono stati rinvenuti, sempre inglobati nella crosta, radio e ulna destri a diretto contatto con un’ascia litica in serpentinite di accurata fattura, si segnalano inoltre frammenti di ossa di bacino e un frammento di femore sinistro a giusta distanza dai reperti appena menzionati. Ai piedi dell’individuo è stato rinvenuto la metà frammentaria di vaso decorato e due lamelle in selce. Nella sala, addossato ad una grande colata stalattitica, si è rinvenuto anche un calvario rovesciato, un frammenti di omero e un radio di bambino appartenenti ad un ulteriore individuo. Il piano di appoggio dei reperti è costituito da una crosta stalagmitica ben distinta dal depostito superiore, la cui superficie è di colore grigio scuro dovuto alla presenza di frustoli carboniosi e cenere, spiccano alcune chiazze di forte concentrazione di cenere e frammenti di carbone vegetale, probabili residui di focolari. La maggioranza dei reperti faunistici associati alle sepolture neolitiche è di pecore e capre, con resti riferibili a vari individui adulti, giovani, giovanissimi; rara la presenza di bue e del cane, si segnala anche la presenza del cervo.

“Le indagini estese in altre aree della cavità – spiega il professore  Mario Federico Rolfo – hanno inoltre evidenziato la presenza di una complessa stratigrafia che attesta una prima frequentazione umana a partire dai 14.000 anni fa (Paleolitico superiore – Epigravettiano finale) a cui segue una sporadica presenza intorno agli 10.000 anni fa, della quale però sono ancora da chiarirne le modalità. Il momento di maggiore utilizzo è quello relativo alle sepolture neolitiche, periodo nel quale la cavità è stata utilizzata come sepolcreto ma anche come luogo di riparo provvisorio da parte di vari gruppi umani che si muovevano tra la valle dell’Aniene e il Fucino. La serie si chiude con una ultima presenza umana datata al II millennio a.C. (media età del Bronzo), quando la prima sala è stata utilizzata un’ultima volta come luogo di pratiche votive legate ai culti propiziatori agropastorali.”