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La confraternita di San Giuseppe di Jenne alle Falasche di Anzio per il raduno

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JENNE – La confraternita di San Giuseppe di Jenne ha partecipato con grande entusiasmo, devozione e fede al raduno delle confraternite che si è tenuto presso le Falasche di Anzio in occasione della ricorrenza di Sant’Antonio. Stefano Colaceci,  priore è stato ricevuto con il bellissimo stendardo portando in questa località ove vivono molti oriundi jennesi.

Gli studenti di Marano Equo a Jenne alla scoperta di antichi mestieri e tradizioni

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Jenne – Ieri gradita visita delle scuole di Marano Equo presso la mostra “Gli animali del Parco” a Jenne.  A seguire visita del mulino e del forno comunale alla scoperta degli antichi mestieri e riscoperta delle tradizioni.
Realizzazione, poi, del laboratorio “Le mani in pasta” dove i bambini si sono cimentati nella creazione degli “Ndremmappi” tipica pasta jennese. I piccoli studenti, che hanno riportato a casa i prodotti, li hanno poi cucinati e mangiati con le rispettive famiglie. Lo ha reso noto l’ente Parco dei Monti Simbruini sui social.

Acconto IMU 2023, a Jenne le aliquote restano invariate senza aumenti

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Jenne – Venerdì 16 giugno è il termine ultimo per versare la prima rata dell’imposta municipale propria (Imu), il cui saldo dovrà essere effettuato entro il 18 dicembre 2023, in quanto il 16 cade di sabato. Il tributo locale è dovuto per il possesso di fabbricati, escluse le abitazioni principali (a meno che non siano di lusso), di aree fabbricabili e di terreni agricoli, dal proprietario o dal titolare di altro diritto reale, come usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sull’immobile. Sono tenuti a pagare l’imposta locale, inoltre, il genitore assegnatario della casa familiare a seguito di provvedimento del giudice, il concessionario – nel caso di concessione di aree demaniali – e il locatario, per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria.

Nel comune di Jenne l’aliquota applicabile è del 9.8 per mille, nessun aumento è stato infatti disposto dall’Amministrazione comunale.

Introdotta nel 2012 dal Dl n. 201/2011, in sostituzione della vecchia Ici, e attualmente regolata dal Bilancio per il 2020 (articolo 1, commi 738 e seguenti, legge n. 160/2019) l’imposta è dovuta per anni solari proporzionalmente alla quota e ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso. Nel dettaglio, il mese durante il quale il possesso si è protratto per più della metà dei giorni dello stesso mese va computato per intero; il giorno di trasferimento del possesso si attribuisce all’acquirente e, nel caso in cui i giorni di possesso risultino uguali a quelli del cedente, l’imposta del mese del trasferimento resta interamente a suo carico.

L’Imu, come detto, può essere assolta in due rate, la prima entro il 16 giugno, la seconda, a saldo dell’imposta dovuta per l’intero anno, entro il 16 dicembre di ciascun anno sulla base della delibera di approvazione di aliquote e regolamenti pubblicati nella sezione Imu sul sito del dipartimento delle Finanze il 28 ottobre dell’anno di riferimento. In caso di mancata pubblicazione entro tale termine, per il versamento del saldo, si applicano gli atti adottati per l’anno precedente. È, comunque, possibile togliersi il pensiero, effettuando il pagamento in un’unica soluzione entro il 16 giugno dell’anno di riferimento.

L’imposta municipale propria si può pagare tramite F24, utilizzando i codici tributo istituiti, al tempo, con le risoluzioni nn. 35 e 53 del 2012 e 33/2013 o, in alternativa, con il bollettino, messo a disposizione gratuitamente da Poste italiane spa presso tutte le proprie agenzie, che riporta il numero di conto corrente 1008857615, valido indistintamente per quasi tutti i Comuni del territorio nazionale, intestato a “Pagamento Imu”.
A tal proposito, i Comuni possono richiedere alle Poste la predisposizione di bollettini prestampati, integrati con l’importo del tributo dovuto e i dati identificativi di chi deve effettuare il versamento.
Il pagamento dell’Imu tramite bollettino postale deve essere effettuato distintamente per ogni Comune sul cui territorio sono situati gli immobili. Vale a dire che, se si possiedono fabbricati in Comuni diversi, sarà necessario compilare tanti bollettini quanti sono i Comuni “ospitanti”: sul modulo prestampato c’è spazio per un unico codice catastale.

Dicevamo che l’Imu si applica in quasi tutti i Comuni italiani, sì, perché resta l’autonomia impositiva del Friuli Venezia Giulia e delle due province autonome di Trento e di Bolzano, nelle quali, in particolare, continuano ad applicarsi, rispettivamente, l’Imis e l’Imi, anch’esse pagabili con l’F24 utilizzando gli appositi codici tributo.

Come giungere all’Imu dovuta
L’imposta municipale propria si calcola applicando alla base imponibile l’aliquota fissata per la particolare tipologia dalla legge, la quale ne ha prevista una “standard” che, però, può essere modificata, con delibera da pubblicare sul sito delle Finanze entro il 28 ottobre dell’anno di riferimento, dal singolo Comune, in aumento o in diminuzione, entro i margini di manovrabilità stabiliti dalla stessa legge.

Per i fabbricati iscritti in catasto, la base imponibile è costituita dal valore dell’immobile, determinato applicando all’ammontare della rendita catastale, rivalutata del 5%, i seguenti moltiplicatori:

gruppo/categoria catastale Moltiplicatore
A (tranne A/10) 160
A/10 80
B 140
C/1 55
C/2, C/6 e C/7 160
C/3, C/4 e C/5 140
D (tranne D/5) 65
D/5 80

Per le aree fabbricabili, la base imponibile è costituita dal valore venale in comune commercio al 1° gennaio dell’anno di imposizione, o al momento dell’adozione degli strumenti urbanistici, tenendo conto dei seguenti elementi:
–  zona territoriale di ubicazione
– indice di edificabilità
–  destinazione d’uso consentita
–  oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione
–  prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche.
I comuni, con proprio regolamento, possono determinare periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili.

Per i terreni agricoli e per quelli non coltivati, la base imponibile è costituita dal valore ottenuto applicando all’ammontare del reddito dominicale risultante in catasto, vigente al 1° gennaio dell’anno di imposizione, rivalutato del 25 per cento, un moltiplicatore pari a 135.

Solenne celebrazione a Jenne per la ricorrenza del Corpus Domini

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JENNE 11 giu 2023 – In un clima di grande compostezza si è svolta nel pomeriggio odierno la solenne celebrazione della ricorrenza del Corpus Domini. Ad inizio Santa Messa il vice sindaco Cristiano Lauri ha rivolto un pubblico cordoglio al parroco don Pietro, che di recente ha perso la sua cara mamma. Le letture sono state proclamate dal Sindaco Giorgio Pacchiarotti e dallo stesso vice sindaco. Al termine della Messa, animata dalla Banda Musicale “Filiberto Massimi” di Jenne si è svolta la processione per le caratteristiche vie del borgo. A Jenne vi è usanza di allestire degli altarini durante il percorso per rendere omaggio al Passaggio del Santissimo Sacramento.  Poi altre fasi emozionanti del corteo  processionale con tappa alla Casa di riposo, e presso la Chiesa della Madonna delle Grazie. L’amministrazione comunale ha ringraziato tutti per l’ottimale riuscita della importante celebrazione.

La ricorrenza del Corpus Domini a Jenne

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JENNE –  Il Corpus Domini, anche noto come Corpus Christi o Festa del Corpo di Cristo, è una festività cristiana che celebra la presenza reale del corpo e del sangue di Gesù Cristo nell’Eucaristia.

La festa del Corpus Domini ha avuto origine nel XIII secolo a seguito delle visioni di una monaca agostiniana belga di nome Giuliana di Cornillon. La suora ebbe una visione in cui le venne rivelato di istituire una festa in onore del corpo di Cristo nell’Eucaristia. Nel 1264, Papa Urbano IV emise una bolla pontificia chiamata “Transiturus” che istituiva ufficialmente la festa del Corpus Domini per l’intera Chiesa cattolica.

La festa del Corpus Domini viene celebrata il giovedì successivo alla domenica della Santissima Trinità, che cade 60 giorni dopo la Pasqua. Durante la celebrazione, viene svolta una processione solenne in cui il Santissimo Sacramento, ovvero l’ostia consacrata, viene portato in giro per le strade o all’interno delle chiese. Questa processione è spesso accompagnata da canti, preghiere e rappresentazioni religiose.

qUESTA RICORRENZA  è considerata un momento importante per rafforzare la fede nella presenza di Cristo nell’Eucaristia e per rendere omaggio al sacramento dell’altare. È una celebrazione particolarmente significativa nella tradizione cattolica, e molte comunità organizzano eventi speciali e decorano le strade con tappeti di fiori per accogliere la processione.

A Jenne doppio appuntamento: questa mattina con la Santa Messa e pomeriggio con la tradizionale processione per le vie del paese, di seguito il dettaglio evento:

 

Da Roma a Jenne, la storia di Federico e Valentina approda sugli schermi di Rai tre

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Jenne – Oggi alle ore 12.45 su Rai tre sarà trasmesso un interessante servizio sulla storia di Federico e Valentina Massimi, che hanno lasciato tutto per trasferirsi a Jenne. Federico era un affermato ingegnere di una multinazionale, e nel contesto del covid insieme alla sua Valentina ed ai figli Matteo e Adele lasciano via di Grottaperfetta a Roma per trasferirsi a Jenne. Di qui le squisitezze el prelibato Forno di Nonna Mirella tornano a far rivivere l’antica struttura che fortemente che ha visto sottoscrivere lo scorso anno il  il contratto ufficiale di concessione per la gestione dell’antico forno comunale di Jenne. A sottoscriverlo con emozione il sindaco Giorgio Pacchiarotti e Federico Massimi owner de “Il forno di Nonna Mirella”. C’è tanta storia in quel luogo che nel corso degli anni ha sprigionato profumi di buono, di autenticità, di genuinità e di tanti ricordi conservati nel cassetto. Una storia antica, che ha visto tante generazioni entrare in quel forno icona del borgo.

E così la famiglia Massimi, jennese doc, ha deciso con questo accordo di raccogliere una importante eredità familiare, comunitaria ed identitaria investendo così nel borgo tipico che è una vera e propria eccellenza nella Valle. Molte infatti le potenzialità turistiche jennesi, alle quali ora si abbina il gusto del buono, sapientemente prodotto dal Forno di Nonna Mirella noto ormai in tutta Italia. “E’ una sfida – spiega Federico Massimi – ed un esempio di come si possa fare impresa anche lontano dalle grandi città pur essendo collegati con tutto il mondo attraverso il nostro e-commerce.”

I lavori per la ristrutturazione del forno sono stati ultimati a tempo di record , oltre ad aprire al pubblico il punto vendita, ha avuto inizio anche la produzione dolciaria che si è trasferita da Roma a Jenne.

Settantasette anni fà nasceva la Repubblica Italiana: la storia

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Jenne 2 giu 2023 – Oggi ricorre il 77mo anniversario della istituzione della Repubblica Italiana.

Il 2 giugno 1946 si svolse infatti  il referendum sulla forma istituzionale dello Stato, che con il voto popolare condusse alla nascita della Repubblica e alla elezione di un’Assemblea Costituente, a conclusione di un complesso periodo di transizione segnato dalle azioni di movimenti e partiti antifascisti e dall’avanzata degli alleati in un Paese diviso e devastato dalla guerra.

Istruzioni su Come si votaGli italiani, e per la prima volta le italiane, convocati alle urne per scegliere tra Repubblica e Monarchia e per eleggere i deputati dell’Assemblea Costituente cui spetterà il compito di redigere la nuova carta costituzionale, furono chiamati a cooperare  alla fondazione di una idea di cittadinanza repubblicana che trovò nella Costituzione una delle massime espressioni.

Esaurito il ventennio di dittatura fascista, per la prima volta la società italiana viveva l’esperienza di libere elezioni a suffragio universale maschile e femminile, seppure in un Paese allora ancora profondamente diviso sulla questione istituzionale.

Esisteva una spaccatura profonda, fortemente disegnata su basi geografiche, tra il Nord a maggioranza repubblicana ed il Sud a maggioranza monarchica,  nonostante che gli eventi dell’ultimo ventennio –  ed in particolare la sconfitta, il proclama di armistizio reso noto l’8 settembre 1943 dal Capo del Governo Pietro Badoglio, la fuga dalla Capitale dei vertici militari, dello stesso Badoglio, del Re Vittorio Emanuele III e di suo figlio Umberto, lo stato delle forze armate italiane lasciate allo sbando, la guerra civile che divideva l’Italia – avessero oramai reso improrogabile la scelta di una profonda cesura con il passato.

La questione istituzionale emergeva con forza e imponeva l’ esigenza di superare Scheda elettorale per il referendumdrasticamente un modello  politico-culturale che affidava alla continuità dinastica della monarchia sabauda la tutela ed il mantenimento dei valori nazionali più tradizionali e conservatori.

Il 9 maggio 1946 il re Vittorio Emanuele III (cui si imputava la responsabilità di avere consentito l’irrompere del fascismo) abdicò in favore del figlio Umberto, già nominato Luogotenente nel giugno 1944. Una decisione rivelatasi sin dal suo nascere tardiva e assolutamente inadeguata rispetto alle aspettative dei partiti aderenti al Comitato di Liberazione Nazionale.

Fu questo il periodo in cui un anelito di libertà e progresso si andarono diffondendo in Italia. Cancellate le “leggi fascistissime” – che avevano consentito la liquidazione di tutti i partiti all’infuori di quello fascista,  lo scioglimento dei sindacati socialisti e cattolici, la soppressione della libertà di stampa, fino alla trasformazione di fatto dell’ordinamento giuridico del Regno d’Italia in uno stato autoritario -, risorsero le organizzazioni politiche e sindacali, i giornali si moltiplicarono con la creazione di nuove testate, le associazioni culturali ripresero vita.

 

Lo spoglio delle schede del ReferendumL’affluenza al voto fu altissima.

Nel 1946 gli aventi diritto al voto erano 28 milioni (28.005.449), i votanti furono quasi 25 milioni (24.946.878), pari all’89,08%. I voti validi 23.437.143, di questi 12.718.641 (pari al 54,27%) si espressero a favore della Repubblica, 10.718.502 (pari al 45,73%) a favore della Monarchia.

I giornali, e il dato è confermato dai risultati diramati dal Ministero dell’Interno, registravano un’affluenza alle urne che di provincia in provincia variava dal 75% al 90% degli aventi diritto.

Nella realtà, guardando alla concretezza dei numeri, la frattura dell’elettorato sulla questione istituzionale fu radicale. Le ragioni furono certamente fondate sulle incognite politiche e socio-economiche che la scelta repubblicana per molti rappresentava, ma anche legate alle disparità con cui la dura esperienza della guerra aveva toccato le diverse zone del Paese e i diversi strati della popolazione, oltre che dettate dal radicamento di una istituzione comunque identificata da molti con la propria idea di nazione.
Il passaggio dalla monarchia alla Repubblica avvenne in un clima di tensione, tra polemiche sulla regolarità del referendum, accuse di brogli, polemiche sulla stampa, ricorsi e reclami.

In virtù dei risultati ed esaurita la valutazione dei ricorsi, il 18 giugno 1946 la Corte di Cassazione proclamò in modo ufficiale la nascita della Repubblica Italiana.

L’Italia cessava di essere una monarchia e diventava una Repubblica.

 

Prima pagina del Corriere della seraIl 2 giugno 1946 gli italiani votarono anche per l’Assemblea costituente. Il risultato elettorale vide l’affermazione dei tre grandi partiti di massa: la Democrazia cristiana conquistava la maggioranza relativa dell’Assemblea (35,21 %), mentre il Partito socialista e il Partito comunista raggiungevano insieme il 39,61 %. I tre maggiori partiti ottenevano complessivamente circa il 75% dei suffragi. Si affermavano le forze politiche legate alla tradizione popolare del movimento cattolico e del movimento socialista. Le elezioni evidenziavano anche il massiccio ridimensionamento delle forze di ispirazione liberale, che sino all’avvento del fascismo avevano dominato la vita politica nazionale.

 

 

 

 

Dai giornali affissi al muro alcuni apprendono il risultato elettorale del ReferendumLe donne ebbero un ruolo ed un peso determinanti, votarono infatti 12.998.131 donne, contro 11.949.056 di uomini.

Già all’inizio  del 1945, con il Paese diviso dalla Linea Gotica ed il Nord sottoposto all’occupazione tedesca, il Governo Bonomi aveva emanato un decreto che riconosceva il diritto di voto alle donne (decreto legislativo luogotenenziale 2 febbraio 1945, n.23), in  risposta alla forte mobilitazione delle associazioni femminili interessate al voto : il Comitato femminile della Democrazia Cristiana – CIF, l’Unione Donne Italiane – UDI, il Gruppo femminile del Partito Repubblicano, la Federazione Italiana Laureate Diplomate Istituti Superiori – FILDIS, i Gruppi femminili degli altri partiti aderenti al Comitato di Liberazione Nazionale.

In realtà il voto del 2 giugno costituiva il punto di approdo di un processo di transizione che in Italia si era avviato già  a partire dalla caduta del fascismo, il 25 luglio 1943.

Il processo di liberazione dalla occupazione tedesca e la ripresa democratica con i governi del CLN, che guidarono il Paese fin dalla primavera del 1944, vennero subito a coagularsi attorno ai due obiettivi fondamentali : la soluzione della questione istituzionale e l’approvazione della nuova Costituzione da parte di un’assemblea liberamente eletta.

In un primo momento, il 25 giugno 1944, pochi giorni dopo la liberazione di Roma, il Governo Bonomi stabiliva che alla fine della guerra sarebbe stata eletta a suffragio universale, diretto e segreto, un’assemblea Costituente per scegliere la forma dello Stato e dare al Paese una nuova costituzione (DLLgt 151\ 1944).

Successivamente, il 16 marzo 1946, il governo De Gasperi, dopo aver sancito il suffragio universale e  riconosciuto il diritto di voto alle donne, integrava e modificava la normativa precedente, limitando i poteri dell’Assemblea Costituente alla stesura della nuova Carta fondamentale, affidando ad un referendum popolare la decisione sulla forma istituzionale dello Stato ed aggiungendo che, qualora la maggioranza degli elettori votanti si fosse pronunziata a favore della Repubblica, l’Assemblea Costituente, come suo primo atto, avrebbe eletto il Capo Provvisorio dello Stato (DLLgt 98\1946). Nello stesso giorno  il Governo definiva le norme che regolavano le votazioni per il referendum e l’Assemblea Costituente da eleggersi con sistema proporzionale. La legge elettorale del 23 aprile 1946 suddivideva l’Italia in 32 collegi elettorali, nei quali eleggere 573 deputati (in realtà ne sarebbero stati eletti 556, poiché non vennero effettuate elezioni nell’area di Bolzano e nel collegio Trieste e Venezia Giulia – Zara, ancora sottoposte alla giurisdizione del Governo Militare Alleato), e affidava alla Corte di Cassazione il controllo e la proclamazione dei risultati.

Seduta inauguraleÈ in questo clima che maturò la concessione del voto alle donne e il 2 giugno 1946 tutte le donne italiane poterono recarsi alle urne ed essere elette in elezioni politiche.

Sui banchi dell’Assemblea Costituente sedettero le ventuno “prime parlamentari”, denominate, allora, “Madri Costituenti”, assai attente a non deludere le  speranze delle italiane, comprese le aspettative delle donne che da partigiane, staffette, antifasciste avevano contribuito alla Liberazione. Delle Costituenti,  nove provenivano dalla DC (Laura Bianchini, Elisabetta Conci, Filomena Delli Castelli, Maria De Unterrichter Jervolino, Maria Federici Agamben, Angela Gotelli, Angela Maria Guidi Cingolani, Maria Nicotra Verzotto, Vittoria Titomanlio), nove dal PCI (Adele Bej Ciufoli, Nadia Gallico Spano, Nilde Jotti, Teresa Mattei, Angiola Minella Molinari, Rita Montagnana Togliatti, Teresa Noce Longo, Elettra Pollastrini, Maria Maddalena Rossi), due dal PSIUP (Angelina Merlin e Bianca Bianchi) ed una dal partito dell’Uomo Qualunque (Ottavia Penna Buscemi). Cinque di loro sarebbero entrate nella “Commissione dei 75”, incaricata di scrivere la Carta costituzionale : Maria Federici, Angela Gotelli, Tina Merlin, Teresa Noce e Nilde Jotti.

Trent’anni più tardi, Nilde Jotti sarebbe stata la prima donna a ricoprire, per tre legislature, dal 1979 al 1992, la carica di Presidente della Camera dei deputati, una delle cinque più alte cariche dello Stato mai ricoperte precedentemente da una donna.

 

“E le italiane – avrebbe scritto Tina Anselmi, ricordando il 2 giugno – fin dalle prime elezioni, parteciparono in numero maggiore degli uomini, spazzando via le tante paure di chi temeva che fosse rischioso dare a noi il diritto di voto perché non eravamo sufficientemente emancipate. Non eravamo pronte. Il tempo delle donne è stato sempre un enigma per gli uomini. E tuttora vedo con dispiacere che per noi gli esami non sono ancora finiti. Come se essere maschio fosse un lasciapassare per la consapevolezza democratica !”;

I giorni, estremamente confusi e drammatici, immediatamente successivi alla proclamazione dei risultati del referendum, videro l’assunzione da parte di Alcide De Gasperi dei poteri di Capo provvisorio dello Stato (nella notte fra il 12 ed il 13 giugno), la partenza di Umberto II dall’Italia per l’esilio in Portogallo (il 13 giugno) e la proclamazione definitiva dei risultati da parte della Corte di Cassazione (il 18 giugno).

“Il Consiglio dei Ministri – si legge nel Comunicato redatto in chiusura della seduta del 10 giugno – riafferma che la proclamazione dei risultati del Referendum, fatta il 10 giugno dalla Corte di Cassazione nelle forme e nei termini dell’art. 17 del Decreto Legislativo Luogotenenziale 23 aprile 1946, n. 219, ha portato automaticamente alla instaurazione di un regime transitorio durante il quale, fino a quando l’Assemblea Costituente non abbia nominato il Capo provvisorio dello Stato, l’esercizio delle funzioni del Capo dello Stato medesimo spetta “ope legis” al Presidente del Consiglio in carica. Tale situazione costituzionale, creata dalla volontà sovrana del popolo nelle forme previste dalle leggi luogotenenziali, non può considerarsi modificata dalla comunicazione odierna di Umberto II al Presidente del Consiglio. Il Governo, sapendo di poter contare sul senso di responsabilità di tutti gli organi dello Stato, rinnova il suo appello ai cittadini perché, nel momento attuale, decisivo per le sorti del Paese all’interno come nei rapporti internazionali, lo sorreggano concordemente con la loro vigile disciplina e il loro operante patriottismo, nel compito di assicurare la pacificazione e l’unità nazionale”.

Prima pagina del Corriere della Sera - De Nicola Capo provvisorio dello StatoIl 25 giugno 1946 iniziarono anche i lavori della Costi­tuente, la quale, il 28, elesse Enrico De Nicola – giurista, esponente della cultura politica liberal-democratica e presidente della Camera dal 1920 al 1923 – a Capo provvisorio dello Stato e circa quindici giorni dopo votò la fiducia al secondo governo De Gasperi, sostenuto dai tre maggiori partiti (DC, PCI, PSI).

 

 

Lutto per la scomparsa di Nadia Khmara, madre del parroco di Jenne don Pietro

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All’età di 77 anni, dopo lunga malattia cristianamente sopportata  è venuta a mancare in Ucraina la signora

                                                     NADIA KHMARA

lascia il figlio Don Pietro, 0parroco di Jenne ed i familiari tutti.

Jenne, 29 maggio 2023

Il sindaco Giorgio Pacchiarotti, il vice sindaco Cristiano Lauri, l’amministrazione comunale tutta a nome dell’intera comunità jennese partecipano con profonda vicinanza e cordoglio al lutto che ha colpito il parroco DON PIETRO per la scomparsa della cara mamma.

A Don Pietro, che si trova attualmente in Ucraina per la celebrazione delle esequie, giunga il forte abbraccio di tutti.

 

Skorbota pro znyknennya Nadiyi Khmary, kokhanoyi materi parokha Yenne Don Pʺyetro

Na 77 rotsi zhyttya pislya tryvaloyi, po-khrystyyansʹky perenesenoyi khvoroby, zhinka vidiyshla u vichnistʹ v Ukrayini.

                                                  NADIYA KHMARA

vin zalyshaye svoho syna dona P’yetro, parafiyalʹnoho svyashchenyka Yenne ta vsikh chleniv rodyny.

Dzhenni, 29 travnya 2023 r

Mer Dzhordzhio Pakk’yarotti, vitse-mer Kristiano Lauri, munitsypalʹna administratsiya vid imeni vsiyeyi hromady Yennese z hlybokoyu blyzʹkistyu ta spivchuttyam berutʹ uchastʹ u zhalobi, yaka vrazyla parafiyalʹnoho svyashchenyka DON P’YETRO u zv’yazku zi znyknennyam yoho dorohoyi materi.

Donu P’yetro, yakyy zaraz perebuvaye v Ukrayini na svyatkuvanni svoho pokhoronu, vsi posylayutʹ mitsni obiymy.

Antonio Fogazzaro nella storia de: “Il Santo”: protagonista Jenne e Valle dell’Aniene

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Jenne – Antonio Fogazzaro è stato un importante scrittore italiano, nato il 25 marzo 1842 a Vicenza ed ivi deceduto il 7 marzo 1911. È noto soprattutto per i suoi romanzi, che affrontano temi come l’amore, la religione e la politica. Fogazzaro è considerato un autore di transizione tra il romanticismo e il simbolismo. Tra le sue opere più famose vi è il romanzo “Il piccolo mondo antico” (1895), ambientato nella provincia veneta durante l’epoca del Risorgimento. Questo romanzo racconta la storia d’amore impossibile tra un ufficiale dell’esercito italiano e una donna di origine austriaca. Un’altra opera significativa di Fogazzaro è “Piccolo mondo moderno” (1901), seguito de “Il piccolo mondo antico”, in cui l’autore esplora i cambiamenti sociali e politici che avvengono in Italia alla fine del XIX secolo. Fogazzaro era anche un fervente cattolico, e la sua fede religiosa ha influenzato gran parte della sua produzione letteraria. In opere come “Malombra” (1881) e “Il Santo” (1905), affronta temi spirituali e morali. La figura di Antonio Fogazzaro è ancora apprezzata nella letteratura italiana e la sua produzione continua ad essere studiata e letta oggi.

 

 

 

FOGAZZARO E JENNE NELLA STORIA DE “IL SANTO”

Nel 1905, lo scrittore vicentino Antonio Fogazzaro (1842-1911) pubblicò il romanzo “Il Santo”. La storia racconta l’ascesi mistica di Piero Maironi, che, dopo una vita dissoluta, fugge dal mondo per diventare monaco benedettino e pregare, lavorare, meditare, espiando le sue colpe nella pace e nell’isolamento del convento; screditato e osteggiato dalle autorità ecclesiastiche per le sue idee di rinnovamento, sarà costretto a lasciare il suo rifugio, morendo a Roma. Il romanzo fu messo all’Indice dei libri proibiti dalla reazione antimodernista di Papa Pio X.
La storia si svolge quasi interamente a Jenne e Subiaco, ma non mancano riferimenti ad altri piccoli centri della Valle dell’Aniene e alla valle stessa, rigogliosa e immersa nel silenzio.
Lo scrittore visitò i luoghi, prima di descriverli. Nel 1903, infatti, scrisse all’amico Tommaso Gallarati Scotti: “Per maggio o giugno medito un breve soggiorno a Subiaco” e, ancora: “Oggi sono andato a piedi sino a Jenne, una passeggiata di cinque buone ore, fra l’andata e il ritorno, per la selvaggia valle dell’Aniene. Che miseria di paese e che gentilezza di sangue!”.

Dal romanzo:
“L’orizzonte ardeva, dietro il prossimo Subiaco, sulla obliqua fuga dei monti Sabini che da Rocca di Canterano e Rocca di Mezzo vanno verso Rocca San Stefano. Subiaco, l’aguzza catasta di case e casupole grigie che si appunta nella Rocca del Cardinale, si era velata di ombra; non si moveva fronda degli ulivi affollati a tergo della villetta rossa dalle persiane verdi, ritta in testa dello scoglio tondo cui la pubblica via cinge al piede; non si moveva fronda della gran quercia pendente al suo fianco, sopra il piccolo oratorio antico di S. Maria della Febbre. L’aria, odorata d’erbe selvagge e di pioggia recente, spirava fresca da Monte Calvo. Erano le sette e un quarto. Nella conca bella che l’Aniene riga le campane suonarono; prima la grossa di Sant’Andrea, poi le querule di Santa Maria della Valle e in alto, a destra, dalla chiesetta bianca presso la grande macchia, quelle dei Cappuccini, poi altre ancora, lontane”.
[…]

“L’abate Marinier intendeva recarsi l’indomani a Santa Scolastica e al Sacro Speco; poi, forse, ritornare a Roma per Olevano e Palestrina, una via nuova per lui. Chi gliela poteva indicare di
lì? Gliela indicò don Clemente. Era la stessa che aveva percorso venendo da Subiaco. Passava lì sotto, valicava l’Aniene poco piùa sinistra, sul ponte di S. Mauro, volgeva a destra, saliva verso i
monti Affilani, là di fronte. L’aria veniva, odorata di boschi, dalla gola stretta ond’esce il fiume sonoro sotto i Conventi. Il cielo era coperto, salvo sul Francolano. Là sopra il gran monte nero tremolavano due stelle. Minucci le mostrò a di Leynì. «Guardi» diss’egli «quelle due stelline come sfavillano! Dante le direbbe le fiammelle di San Benedetto e di Santa Scolastica che sfavillano
vedendo nell’ombra un’anima simile ad esse.”
[…] “Il rombo dell’Aniene, questo? No, il ruggito dell’Abisso trionfante. Non credeva interamente a quello che vedeva, a quello che udiva, ma tremava come una festuca nel vento e le miriadi di spilli gli camminavano per tutta la persona. Cercò svincolar i piedi dai viluppi di serpi, non gli riuscì. Dal terrore alla collera: «devo potere!» esclamò, forte. Dalla gola fosca di Jenne gli rispose il sordo rumor del tuono. Guardò a quella volta. Un lampo aperse le nubi sopra il negrore del monte Preclaro e sparì. Benedetto si provò di levar i piedi dalle serpi e ancora la leonina voce del tuono lo minacciò”.
[…] “Oltrepassata la croce, montarono in faccia al cielo aperto, fra i dorsi verdi pendenti alla conca romita di Jenne, incoronata là di fronte dalla povera greggia di casupole che il campanile governa. Giovanni era stato a Jenne altre volte e non gli parve diversa perché ora vi dimorasse un Santo e vi si operassero miracoli. Sua moglie, che ci veniva per la prima volta, ebbe l
’impressione di un luogo spirante raccoglimento religioso per quel senso di altezza non suggerito da vedute lontane, per quel cielo profondo dietro il villaggio, per la solitudine, per il silenzio”.

Jenne e Montegalda, si rafforza l’amicizia: incontro a Roma di Nardin con Pacchiarotti e Lauri

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JENNE   – Si è svolto ieri sera a Roma un proficuo incontro-confronto al quale hanno presenziato il sindaco di Montegalda e presidente della Provincia di Vicenza Andrea NARDIN, con il sindaco di Jenne Giorgio PACCHIAROTTI ed il vice sindaco del medesimo comune Cristiano LAURI.

L’occasione romana è stata propizia per rafforzare ulteriormente il legame tra le due realtà: quella jennese con Montegalda e per il comune denominatore del grande Antonio Fogazzaro. Di recente, come noto infatti il comune di Montegalda ha ricevuto la delegazione di Jenne in una due giorni vissuta con grande entusiasmo e nel quale è stato sottoscritto lo scorso 25 Aprile, l’atto di gemellaggio. In settembre  è prevista la visita a Jenne del sindaco Nardin e delegazione dappresso.

“Il gradito incontro con il collega sindaco Nardin – ha affermato il sindaco Pacchiarotti – con caratterizzazione conviviale, è stato un ulteriore tassello rafforzativo nel legame tra le due realtà, distanti a livello chilometrico ma ormai molto vicine nella condivisione di iniziative culturali e programmatiche come il concorso fotografico tuttora in atto. Saremo pertanto particolarmente lieti di accogliere  nella visita di settembre, il nostro comune gemellato con gli onori che merita”.

“Siamo certi – ha affermato invece il vice sindaco Cristiano Lauri – che queste iniziative portino un accrescimento reciproco tra realtà legate da storia, cultura letteraria e per l’appunto sulle orme del grande Fogazzaro. E’ stata per noi una emozione visitare i luoghi in cui visse lo scrittore letterato”.

Ad maiora!