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E’ Natale a Jenne, il programma di tutti gli eventi: dal presepe artistico ai concerti e sagre per tante iniziative nel bellissimo borgo

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Jenne 24 Dic  2019 –  E’ Natale a Jenne, nella cornice suggestiva del bellissimo borgo già da questa sera prende il via il ricco calendario delle iniziative che come ogni anno caratterizzano la perla della Valle Aniene. Un fascino suggestivo darà il via nella sera della vigilia al Presepe artistico allestito quest’anno come rievocazione figurata dell’arte presepiale napoletana del 700. E poi una serie di iniziative: la sagra del Fallone, il concerto del gruppo “I trillanti”, il Gran concerto di fine anno su cui c’è moltissima attesa per il ritorno a Jenne della grande artista canora Angela Nicoli del Teatro dell’Opera. E poi la Befana, e si arriverà al 19 gennaio con la tradizionale festa di Sant’Antonio.

“Anche quest’anno – afferma il sindaco Giorgio Pacchiarotti – abbiamo cercato di selezionare il meglio per vivere insieme il Natale e per questo ringrazio tutti coloro che hanno collaborato alla composizione del ricco calendario di eventi. Saremo lieti di vivere insieme questi appuntamenti per lo scambio augurale, per stare insieme nella comunità e con i graditi ospiti che da ogni dove e come sempre vengono a trovarci. Auguri dunque a tutti, vi aspettiamo a Jenne”

Gran Concerto di fine anno a Jenne con il soprano Angela Nicoli, coro ed orchestra top level

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Jenne – Grande attesa nel bellissimo borgo perla della Valle Aniene per il Gran Concerto di fine anno. L’appuntamento è per domenica 29 dicembre 2019 alle ore 18.00 nella suggestiva cornice della Chiesa di Sant’Andrea Apostolo. Torna dunque a riecheggiare a Jenne la voce del soprano Angela Nicoli del Teatro dell’Opera, per un concerto in grande stile che si preannuncia unico nel suo genere.

Trentacinque coristi della Corale Polifonica S. Silvestro Papa e Collegium Musicum Vox, e l’Orchestra Musici Lirienses, trentacinque prime parti provenienti dai più importanti enti teatrali italiani faranno da corona ad un repertorio di grande effetto che delizierà il pubblico presente.

L’evento sarà presentato dal conduttore Tonino Bernardelli, direttore d’Orchestra il Maestro Alessandro Cedrone.

Il Sindaco di Jenne Giorgio Pacchiarotti  e l’amministrazione comunale tutta rivolgono caloroso invito pubblico di partecipazione all’evento.

 

A Jenne arriva il Presepe tradizionale del 700, ed è omaggio all’arte!

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Jenne – Il Presepe di Jenne edizione 2019-2020 è caratterizzato con un omaggio all’arte presepiale storica. Ed è in fase di allestimento una scenografia unica nel suo genere che a livello itinerante per le suggestive vie del borgo perla della Valle Aniene. L’ispirazione è ai personaggi del 700 che sembrano prendere vita negli angoli suggestivi in un percorso a dir poco affascinante. Personaggi di vita quotiduana con i loro costumi settecenteschi dunque verso una fusione nelle antiche vie per la rappresentazione del Santo Natale.
Tre i punti più importanti del presepe: Il viaggio, la natività ed i Re Magi.

“Il viaggio ci riporta indietro in un tempo ormai perduto – spiega il sindaco Giorgio Pacchiarotti – con quelle note indelebili di semplicità e di fede che vanno riscoperte, mentre la Natività, è rappresentata come l’essenza del Natale per la celebrazione della nascita di Gesù, immenso pioniere della cristianità che nasce in un clima di umiltà e di calore. Poi gli affascinanti Re Magi che con i loro doni, oro, incenso e mirra, da sempre sono protagonisti indiscussi del presepe nel momento dell’Epifania. In questo percorso – prosegue Pacchiarotti – quest’anno abbiamo voluto caratterizzare il nostro borgo come ospite e testimone di una cultura: quella presepiale napoletana settecentesca ed invitiamo tutti a Jenne per apprezzarne l’unicità”.

E fu proprio il compianto Luciano de Crescenzo che ebbe a testimoniare la differenza tra il presepe popolare e quello settecentesco napoletano:

Il presepe popolare

Giunti a questo punto, dobbiamo dire che il presepe popolare conserva tuttora una funzione religiosa, più o meno simile a quella dei Lari degli antichi Romani: è il luogo centrale della festa natalizia, una specie di altare domestico. È il fermo-immagine, che ogni famiglia accoglie in casa, del momento fondamentale del mistero cristiano.

Qualcuno lo ha definito “traduzione del Vangelo in dialetto”. Qui la manifattura dei pastori è semplice, artigianale, sempre popolare e veniva realizzata in legno in un primo periodo, successivamente in terracotta. L’idea con cui nasce e viene realizzato, perciò, è molto diversa dal presepe settecentesco.

“Che cosa sia il presepe popolare noi lo apprendevamo ogni anno in casa nostra con zio Alfonso, quando lui stesso tirava fuori lo scatolone natalizio.

Ogni pastore di zio Alfonso aveva la sua storia. Qualcuno era addirittura immortale: anche se nel corso della vita avevano perso qualche pezzo, continuavano a fare il loro dovere sul presepe. Un pastore senza una gamba veniva strategicamente piazzato dietro un cespuglio. E quello senza un braccio lo si nascondeva per metà dietro un albero. Avevamo un pastore soprannominato Pasqualino Passaguai, che col tempo aveva perso l’ottanta per cento del proprio corpo, e precisamente le gambe, le braccia e buona parte del busto. Ciononostante, zio Alfonso lo collocava dietro una finestrella, in modo che facesse capolino solo con la testa.

E poi c’erano tante altre piccole astuzie, alle quali eravamo tutti molto affezionati, tipo l’enteroclisma nascosto dietro le montagne per avere l’acqua del fiumiciattolo, che scorreva veramente, e le lampadine dietro il fondale di carta bucherellato per fare le stelle. “I buchi delle stelle” diceva zio Alfonso “devono essere piccoli, anzi piccolissimi. Più sono piccoli, e più la luce si rifrange sui bordi. E allora sì che sembrano stelle.”

Il fondale, in genere, lo si faceva con la carta dei maccheroni: quella di colore blu, che si usava una volta negli anni Trenta per avvolgere la pasta. Approfitto dell’occasione per inviare un affettuoso saluto alla carta dei maccheroni della mia prima giovinezza. Spero tanto che qualcuno la rimetta in commercio”.

Presepe settecentesco

Dal Seicento in poi, il presepe, per la prima volta nella sua lunga storia, si diffuse un po’ dappertutto. A partire da questo periodo, la raffigurazione della Natività, infatti, non fu più qualcosa che riguardava solo le chiese e i luoghi di culto, dove fino a quel momento i presepi venivano allestiti. Ora si apre una fase nella quale il presepe comincia a essere apprezzato anche dai ricchi, e mi riferisco soprattutto alla nobiltà napoletana. Anzi, in molti di loro si scatenò una vera e propria passione che li spinse a commissionare i presepi e a pagare profumatamente gli artisti e gli artigiani più bravi a realizzarli.

Tutto ciò sfrenò l’ingegno di questi abilissimi scultori, i quali, attorno alla scena originaria della Natività di Gesù, iniziarono a creare sfondi sempre più belli da vedere. Nacque anche l’abitudine di sistemare il presepe in modo tale da fare di Napoli un suggestivo fondale, con il suo Vesuvio come cornice della Grotta in cui Cristo era nato.

Arriviamo così al Settecento, periodo in cui si presenta a Napoli Carlo III di Borbone. Molti lo considerano il secolo d’oro nella storia della città. Napoli in questi anni è una capitale fiorente, almeno per quello che riguarda la corte e i nobili che frequentano l’ambiente dei regnanti. Del resto, è il periodo nel quale venne realizzata la gran parte degli edifici più prestigiosi della zona: le regge di Caserta, di Capodimonte e di Portici, la Casina Vanvitelliana, le ville del Miglio d’Oro a Ercolano. Lo stesso Palazzo Reale napoletano, quello di piazza del Plebiscito, fu in pratica rifatto da cima a fondo nel Settecento dagli architetti di Carlo III.

In un clima come questo, anche l’arte del presepe ebbe la sua piena esplosione. Ma nel Settecento il presepe perde gran parte del suo ruolo religioso. Tutto assume un’aria laica e diventa un passatempo dell’aristocrazia napoletana, che esibisce la propria ricchezza anche con il presepe. Addirittura i ricami degli abiti in seta dei “pastori vestiti” erano di oro autentico. Così se il presepe settecentesco è pomposo e barocco, quello popolare resta devozionale e sempre legato al rito natalizio.

Proprio a questo proposito, vi voglio raccontare la storia di Maria Francesca delle Cinque Piaghe, una sarta specializzata nel confezionare abiti per le statuine di Gesù.

“Si dice che nel Natale del 1787, mentre Maria Francesca stava infilando un abito al Bambino, la statuina abbia mosso le braccia aiutandola a farsi vestire. Se andate nei Quartieri Spagnoli di Napoli, in vico Tre Re a Toledo, dove abitava e lavorava Maria Francesca, poi diventata santa, c’è una sedia sulla quale ancora oggi molte donne che non riescono ad avere figli si siedono, sperando nel miracolo”.

Con i Gesuiti, arrivati a Napoli già nel Seicento, la grotta del presepe, fino ad allora luogo della Nascita, si trasforma in un tempio in rovina, a significare la definitiva disfatta del paganesimo. E per portare Gesù nelle case di tutti, si servirono del presepe, diffondendo l’usanza tra le famiglie di costruirselo in casa. Vi dico subito che non sono neutrale, io tifo apertamente per il presepe popolare. Il motivo risale alla mia tradizione familiare, il presepe popolare è quello di zio Alfonso e quindi della mia infanzia. Al presepe settecentesco ruberei lo sfondo col golfo di Napoli e il Vesuvio alle spalle, possibilmente col pennacchio. Ma, sia chiaro, so perfettamente quanta perfezione stilistica c’è nella gran parte dei presepi del Settecento, e quanto abili sono gli artigiani che ancora oggi li realizzano.

Il pezzo più pregiato e famoso che troverete a San Martino è sicuramente il presepe di Cuciniello. Forse non sono tanti a sapere che questo presepe prende il nome da un napoletano, Michele Cuciniello, vissuto nel XIX secolo. Cuciniello era in realtà uno scrittore di opere teatrali, ma anche lui adorava i presepi e cominciò a collezionarli. Proprio come sarebbe poi accaduto a Schmederer, dieci anni prima di morire, Cuciniello affidò al Museo di San Martino tutto ciò che aveva raccolto in una vita.

Va detto che Michele Cuciniello non si limitava ad accumulare pastori, si divertiva anche a ideare le scene che poi lui stesso realizzava sui suoi presepi, usando le statuette dei pastori come fossero attori delle sue commedie. Pare che non fosse solo, quando progettava questa specie di regia del presepe.

Le scene avevano come autori anche un architetto di nome Fausto Nicolini, il drammaturgo Luigi Masi e un tale Luigi Farina, del quale si legge la firma sullo sfondo del paesaggio roccioso.

Fomnte: Luciano De Crescenzo .”GESÙ È NATO A NAPOLI” La mia storia del presepe- Mondador

“Giunti a questo punto, – ebbe a spiegare il popolarissimo autore e scrittore recentemente scomparso –  dobbiamo dire che il presepe popolare conserva tuttora una funzione religiosa, più o meno simile a quella dei Lari degli antichi Romani: è il luogo centrale della festa natalizia, una specie di altare domestico. È il fermo-immagine, che ogni famiglia accoglie in casa, del momento fondamentale del mistero cristiano.

Qualcuno lo ha definito “traduzione del Vangelo in dialetto”. Qui la manifattura dei pastori è semplice, artigianale, sempre popolare e veniva realizzata in legno in un primo periodo, successivamente in terracotta. L’idea con cui nasce e viene realizzato, perciò, è molto diversa dal presepe settecentesco.

Ogni pastore di zio Alfonso aveva la sua storia. Qualcuno era addirittura immortale: anche se nel corso della vita avevano perso qualche pezzo, continuavano a fare il loro dovere sul presepe. Un pastore senza una gamba veniva strategicamente piazzato dietro un cespuglio. E quello senza un braccio lo si nascondeva per metà dietro un albero. Avevamo un pastore soprannominato Pasqualino Passaguai, che col tempo aveva perso l’ottanta per cento del proprio corpo, e precisamente le gambe, le braccia e buona parte del busto. Ciononostante, zio Alfonso lo collocava dietro una finestrella, in modo che facesse capolino solo con la testa.

E poi c’erano tante altre piccole astuzie, alle quali eravamo tutti molto affezionati, tipo l’enteroclisma nascosto dietro le montagne per avere l’acqua del fiumiciattolo, che scorreva veramente, e le lampadine dietro il fondale di carta bucherellato per fare le stelle. “I buchi delle stelle” diceva zio Alfonso “devono essere piccoli, anzi piccolissimi. Più sono piccoli, e più la luce si rifrange sui bordi. E allora sì che sembrano stelle.”

Il fondale, in genere, lo si faceva con la carta dei maccheroni: quella di colore blu, che si usava una volta negli anni Trenta per avvolgere la pasta. Approfitto dell’occasione per inviare un affettuoso saluto alla carta dei maccheroni della mia prima giovinezza. Spero tanto che qualcuno la rimetta in commercio”.

Presepe settecentesco

Dal Seicento in poi, il presepe, per la prima volta nella sua lunga storia, si diffuse un po’ dappertutto. A partire da questo periodo, la raffigurazione della Natività, infatti, non fu più qualcosa che riguardava solo le chiese e i luoghi di culto, dove fino a quel momento i presepi venivano allestiti. Ora si apre una fase nella quale il presepe comincia a essere apprezzato anche dai ricchi, e mi riferisco soprattutto alla nobiltà napoletana. Anzi, in molti di loro si scatenò una vera e propria passione che li spinse a commissionare i presepi e a pagare profumatamente gli artisti e gli artigiani più bravi a realizzarli.

Tutto ciò sfrenò l’ingegno di questi abilissimi scultori, i quali, attorno alla scena originaria della Natività di Gesù, iniziarono a creare sfondi sempre più belli da vedere. Nacque anche l’abitudine di sistemare il presepe in modo tale da fare di Napoli un suggestivo fondale, con il suo Vesuvio come cornice della Grotta in cui Cristo era nato.

Arriviamo così al Settecento, periodo in cui si presenta a Napoli Carlo III di Borbone. Molti lo considerano il secolo d’oro nella storia della città. Napoli in questi anni è una capitale fiorente, almeno per quello che riguarda la corte e i nobili che frequentano l’ambiente dei regnanti. Del resto, è il periodo nel quale venne realizzata la gran parte degli edifici più prestigiosi della zona: le regge di Caserta, di Capodimonte e di Portici, la Casina Vanvitelliana, le ville del Miglio d’Oro a Ercolano. Lo stesso Palazzo Reale napoletano, quello di piazza del Plebiscito, fu in pratica rifatto da cima a fondo nel Settecento dagli architetti di Carlo III.

In un clima come questo, anche l’arte del presepe ebbe la sua piena esplosione. Ma nel Settecento il presepe perde gran parte del suo ruolo religioso. Tutto assume un’aria laica e diventa un passatempo dell’aristocrazia napoletana, che esibisce la propria ricchezza anche con il presepe. Addirittura i ricami degli abiti in seta dei “pastori vestiti” erano di oro autentico. Così se il presepe settecentesco è pomposo e barocco, quello popolare resta devozionale e sempre legato al rito natalizio.

Proprio a questo proposito, vi voglio raccontare la storia di Maria Francesca delle Cinque Piaghe, una sarta specializzata nel confezionare abiti per le statuine di Gesù.

“Si dice che nel Natale del 1787, mentre Maria Francesca stava infilando un abito al Bambino, la statuina abbia mosso le braccia aiutandola a farsi vestire. Se andate nei Quartieri Spagnoli di Napoli, in vico Tre Re a Toledo, dove abitava e lavorava Maria Francesca, poi diventata santa, c’è una sedia sulla quale ancora oggi molte donne che non riescono ad avere figli si siedono, sperando nel miracolo”.

Con i Gesuiti, arrivati a Napoli già nel Seicento, la grotta del presepe, fino ad allora luogo della Nascita, si trasforma in un tempio in rovina, a significare la definitiva disfatta del paganesimo. E per portare Gesù nelle case di tutti, si servirono del presepe, diffondendo l’usanza tra le famiglie di costruirselo in casa. Vi dico subito che non sono neutrale, io tifo apertamente per il presepe popolare. Il motivo risale alla mia tradizione familiare, il presepe popolare è quello di zio Alfonso e quindi della mia infanzia. Al presepe settecentesco ruberei lo sfondo col golfo di Napoli e il Vesuvio alle spalle, possibilmente col pennacchio. Ma, sia chiaro, so perfettamente quanta perfezione stilistica c’è nella gran parte dei presepi del Settecento, e quanto abili sono gli artigiani che ancora oggi li realizzano.

Il pezzo più pregiato e famoso che troverete a San Martino è sicuramente il presepe di Cuciniello. Forse non sono tanti a sapere che questo presepe prende il nome da un napoletano, Michele Cuciniello, vissuto nel XIX secolo. Cuciniello era in realtà uno scrittore di opere teatrali, ma anche lui adorava i presepi e cominciò a collezionarli. Proprio come sarebbe poi accaduto a Schmederer, dieci anni prima di morire, Cuciniello affidò al Museo di San Martino tutto ciò che aveva raccolto in una vita.

Va detto che Michele Cuciniello non si limitava ad accumulare pastori, si divertiva anche a ideare le scene che poi lui stesso realizzava sui suoi presepi, usando le statuette dei pastori come fossero attori delle sue commedie. Pare che non fosse solo, quando progettava questa specie di regia del presepe.

Le scene avevano come autori anche un architetto di nome Fausto Nicolini, il drammaturgo Luigi Masi e un tale Luigi Farina, del quale si legge la firma sullo sfondo del paesaggio roccioso.

Fonte: Luciano De Crescenzo .”GESÙ È NATO A NAPOLI” La mia storia del presepe- Mondadori

In fase di completamento a Jenne i lavori di ampliamento della Casa di riposo

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Jenne – Sono in fase avanzata di ampliamento i lavori per la costruzione di una bellissima sala hobby la cui superficie è di circa 60 metri quadrati. I lavori si aggiungo a quanto già appaltato in precedenza per un importo pari a 188 mila euro.

“Tali somme – spiega il primo cittadino Giorgio Pacchiarotti – sono state reperite con l’acquisizione di uno specifico mutuo con la Cassa depositi e prestiti e le cui rate vengono pagate con i proventi di IMU e TASI per i quali si è provveduto alle azioni di recupero specificamente dall’ENEL Nessun costo aggiuntivo pertanto, come è evidente, è a carico dei cittadini a differenza di quanto viene purtroppo asserito da chi intende solo strumentalizzare le azioni concrete dell’amministrazione. In questo modo – conclude il sindaco – la struttura più ampia e con maggiori servizi consentirà agli ospiti una ottimale fruibilità degli spazi”.

Il Comune di Jenne ricorda i caduti di Nassiriya

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Jenne – Era il 12 novembre 2003 quando un’autocisterna blu irruppe nella Base Maestrale di Nassiriya ed esplose provocando il crollo dell’edificio principale ed il danneggiamento di una seconda palazzina, dove aveva sede il comando, mentre il deposito delle munizioni andò a fuoco. Il bilancio fu devastante: 28 morti, dei quali 19 italiani, di cui dodici Carabinieri .
L’Italia intera si strinse ai nostri militari caduti, come ancora oggi a distanza di sedici anni, in quello che potremmo definire il “nostro 11 settembre”, ricorrenza ancor più dolorosa quest’anno dopo il recente attacco ad un nostro convoglio domenica scorsa.

Quel giorno perirono:

i CARABINIERI:
Massimiliano Bruno, maresciallo aiutante;
Giovanni Cavallaro, sottotenente;
Giuseppe Coletta, brigadiere; Andrea Filippa, appuntato; Enzo Fregosi, maresciallo luogotenente;
Daniele Ghione, maresciallo capo;
Horacio Majorana, appuntato; Ivan Ghitti, brigadiere; Domenico Intravaia, vice brigadiere;
Filippo Merlino, sottotenente; Alfio Ragazzi, maresciallo aiutante;
Alfonso Trincone, maresciallo aiutante;
i militari dell’ ESERCITO:
Massimo Ficuciello, capitano;
Silvio Olla, maresciallo capo; Alessandro Carrisi, primo caporal maggiore;
Emanuele Ferraro, caporal maggiore capo scelto;
Pietro Petrucci, caporal maggiore;
ed i CIVILI
Marco Beci, cooperatore internazionale;
Stefano Rolla, regista.

Per l’attentato di Nassiriya, la Cassazione ha condannato il Generale Bruno Stano a risarcire le famiglie delle vittime della strage. Stano, che all’epoca dei fatti era comandante della missione italiana in Iraq, ha subito un procedimento penale per reato aggravato colposo di “distruzione o sabotaggio di opere militari”, da cui è stato assolto con sentenza della Corte d’Appello Militare di Roma del 24 novembre 2009. Per l’attuale condanna, alcuni esponenti politici hanno richiesto una revisione da parte del Ministro della Difesa, ritendendo necessaria una normativa per i militari impegnati all’estero che li protegga e li tuteli, “perché se lo Stato abbandona i propri comandanti o i propri uomini, come nel caso del generale Stano, c’è il rischio che poi nessuno voglia più prendersi responsabilità così importanti”.

Jenne celebra le Forze Armate, il sindaco Pacchiarotti: “ritrovarci sempre nei valori del tricolore”

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Jenne – E’ stata celebrata questa mattina a Jenne la ricorrenza del 4 novembre, Festa delle Forze Armate. Il corteo si è disposto in piazza Iv novembre con la corona ai caduti scortata dalla banda. Poi si è svolta la Santa Messa, e al termine della quale ci si è ritrovati tutti presso i giardini pubblici per la deposizione al Monumento ai Caduti. Il Sindaco Giorgio Pacchiarotti nel suo discorso ha riaffermato l’importanza dei valori del tricolore italiano esprimendo parimenti il valore delle nostre forze armate italiane impegnate ogni giorno a tutto campo per la difesa del territorio, per la sicurezza dei cittadini e rispetto della legalità”.

 

Jenne apre le porte a novembre con la Festa d’Autunno e ricorrenza delle forze armate

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Jenne – Caldarroste e pizza alla padella per tutti. Una due giorni (Venerdì 1 e Sabato 2 Novembre 2019) di convivialità e gusto a Jenne per la Festa d’Autunno organizzata dal Centro Anziani.  Una occasione dunque per trascorrere insieme l’apertura della stagione con sapori e colori d’eccellenza e che saranno apprezzabili e vissuti nella suggestiva cornice del bellissimo borgo. Domenica 3 prevista anche la celebrazione della ricorrenza delle Forze Armate.
Il Sindaco Giorgio Pacchiarotti e l’amministrazione comunale invitano tutti a partecipare.

 

In arrivo a Jenne finanziamenti per il Centro di socializzazione della terza età

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Jenne – Importanti traguardi per il Comune di Jenne che ha ottenuto un finanziamento della regione Lazio di trentamila euro, di cui cinque in compartecipazione a carico del medesimo ente, al fine di realizzare la messa in sicurezza e adeguamento funzionale dell’immobile adibito a Centro di socializzazione per la terza età.

“Si tratta di interventi che vanno a migliorare gli ambienti – ha spiegato il sindaco Giorgio Pacchiarotti – ai quali siamo riusciti ad accedere grazie ad una legge regionale di programmazione specifica per determinati lavori. In relazione all’importante apporto che il Centro per la terza età fornisce alla nostra comunità siamo dunque felici che il nostro impegno abbia prodotto questo risultato.

Al via a Jenne i lavori di efficientamento energetico e costruzione nuovo elettrodotto nella zona Serroni

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Jenne – Stanno per iniziare i lavori per l’attuazione del progetto di efficientamento energetico concretizzato dall’Amministrazione Comunale. Si procederà a breve alla sostituzione inizialmente parziale e poi estesa a tutto il territorio delle lampade della pubblica illuminazione con nuovi prodotti innovativi a Led.  La prima fase prevede una serie di interventi che saranno attuati in relazione ad un contributo ministeriale di euro cinquantamila richiesto ed ottenuto dal Comune per un importo lvaori complessivo di 284 mila euro. Le altre risorse (circa 234 mila euro)  saranno poi reperite o tramite ricorso al project financing o con mutuo della Cassa Depositi e prestiti.  “Con questo progetto – spiega il sindaco Giorgio Pacchiarotti – entriamo in una fase di risparmio per le casse comunali che è reinvestito sulla totalità dell’intervento di efficientamento energetico del nostro comune.”

Unitamente a ciò è in fase di avvio anche la realizzazione di un elettrodotto che dal cimitero di Jenne conduce alla zona Serroni. Un intervento che inizialmente era stato pianificato proprio per mettere in sicurezza impiantistica l’area e dotarla di pubblica illuminazione per un importo di euro 65 mila. Somma che sarebbe stata a carico dell’Ente Comune di Jenne. “Per risparmiare questa somma – spiega il Sindaco Pacchiarotti – abbiamo poi proceduto a sottoscrivere una proficua intesa con l’Enel, che in seguito a sopralluoghi ha aderito ad un accordo ufficiale facendosi carico totale delle spese relative alla costruzione dell’elettrodotto. ” Del nuovo elettrodotto, beneficeranno anche le abitazioni della zona Serroni, attualmente allacciate con un sistema di cavi volanti.

 

Il piccolo santuario di Jenne da Sant’Angelo a San Michele Arcangelo, celebrazioni in onore della ricorrenza ufficiale

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Jenne 29 set 2019 – Si è svolta questa mattina nella suggestiva cornice del Santuario di San Michele Arcangelo presso Jenne una celebrazione solenne in onore della ricorrenza odierna che celebra la Chiesa Cattolica. San Michele è il patrono della Polizia e celebrazioni pertanto si sono susseguite in tutta Italia. A Jenne la S. Messa celebrata dal parroco Don Gaetano Maria Saccà si è svolta all’aperto in un clima di fede e partecipazione. Nel corso dell’omelia don Gaetano ha ripercorso le tappe fondamentali della vita del Santo.

Il piccolo santuario può essere raggiunto percorrendo la strada che dai Monasteri di Subiaco si giunge a Jenne, subito appena usciti dall’ultima galleria, si scorge da lontano un Chiesetta arroccata in cima ad un monte, da tutti chiamata sant’Angelo.

Costruita probabilmente nel XII secolo, essa si erge in località suggestiva vicino al centro abitato di Jenne. Sulla sua facciata, realizzata interamente in pietrame non regolare, si apre una porticina sovrastata da un architrave formato da tre pietre regolari, incompleto perché mancante della pietra centrale o concio chiave.

La copertura a calotta o botte, di forma rotondeggiante, crollata, lascia solo in evidenza la struttura lignea; sulla facciata posteriore si accenna la forma di un abside sul quale di apre una finestrella stretta ed alta. Ridotta ad un rudere, adibito non da ultimo anche a stalla e a tutto ciò che poteva essere utile nella piana e nell’adiacente aia. Tutto questo fino all’11 Agosto 2002, (giorno in cui veniva dedicata e riaperta al culto).

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Il maestro Giovan Domenico Fratticci, nel suo già citato libro, sulla località denominata Frassetta: “è uno dei pochi pianori lavorativi di Jenne. E’ una zona pianeggiante di vari ettari e nascosta alla vista; a chi sale appare quasi improvvisamente a forma di sella. Ad ovest della piana di Frassetta campeggia una piccola chiesetta da tempo sconsacrata: Sant’Angelo. Si vuole che la chiesetta fosse in epoche remote custodita da frati; sette dei quali furono trucidati dai briganti o perché briganti essi stessi. L’eccidio dei sette frati avrebbe dato origine alla denominazione della piana: Frassetta ossia Frati sette.

La chiesetta rurale, agli atti in archivio «sub vocabulo Sancti Angeli» (chiamata S. Angelo), appena di recente ristrutturata, è stata riaperta al culto (settembre 2002) con il nome di San Michele Arcangelo, non più storico ma biblicamente più significativo. Non a caso nelle leggende del luogo, si fanno carico ai briganti i fatti e i misfatti di incerta origine. I monti di Jenne con quelli della vicina Vallepietra, segnavano i confini dello Stato Pontificio, per cui il travaso del brigantaggio dalle terre originarie del sud e dell’est era non solo possibile, ma molto probabile. Gli alberi di faggio d’alto fusto, poi, si prestavano a nascondere i valichi montani ed a facilitare le calate improvvise. Le scorribande di questi strani individui spesso lasciavano segni, che finivano poi in leggende”.

Ad Aprile del 2008 sul Santuario sono stati effettuati alcuni lavori di sistemazione interna ed esterna. Nell’abside all’interno, è stata eseguita dall’artista Ivana Pignalosa, una pittura muraria raffigurante San Michele Arcangelo. Detti lavori ed opere si sono protratti fino al 29 settembre del 2008, fin quando il P. Abate Ordinario dei Monasteri Sublacensi, con solenne rito ha benedetto il Santuario ultimato.

In pari tempo è stata realizzata ad opera di Daniele Lauri di Jenne, la porta d’ingresso in ferro battuto e il restauro della croce posta sopra il tetto. Altra opera è stata la realizzazione di un bassorilievo in cemento e resina sopra l’ingresso, opera di Massimiliano di Anagni.

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Ha collaborato con la Parrocchia alla ristrutturazione, oltre la Provincia di Roma, anche il Parco Naturale Regionale – Monti Simbruini, con sede in Jenne, mediante la realizzazione di uno steccato in legno che delimita tutta l’area intorno al Santuario, e creando in tal modo un punto di sosta e di ristoro per quanti si avventureranno nei percorsi-trekking offerti dallo stesso. (fonte cenni storici sito web  Parrocchia Sant’Andrea Apostolo)

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